È morto Björn Andrésen, il volto immortale di “Morte a Venezia”

Si è spento Björn Andrésen, il giovane Tadzio di Morte a Venezia: la sua bellezza angelica lo rese una star mondiale ma segnò profondamente la sua vita.

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Björn Andrésen
Björn Andrésen

Si è spento a 70 anni Björn Andrésen, l’attore svedese che Luchino Visconti rese celebre in tutto il mondo con il ruolo di Tadzio in Morte a Venezia. La sua morte, avvenuta sabato 25 ottobre a Stoccolma, chiude il capitolo di una vita segnata da un fascino senza tempo e da un destino spesso troppo pesante per chi, da adolescente, divenne un’icona mondiale della bellezza.

Aveva appena 15 anni quando Visconti lo scelse per interpretare il giovane Tadzio nel film tratto dal racconto di Thomas Mann. La sua figura eterea e il volto angelico impressionarono talmente il regista da spingerlo a definirlo “il ragazzo più bello del mondo”, un’etichetta che lo avrebbe accompagnato – e perseguitato – per il resto della sua esistenza.

Dietro l’aura leggendaria del suo sguardo si nascondeva però un percorso personale tormentato. Andrésen aveva raccontato in diverse interviste il peso della notorietà improvvisa e il disagio provato per la forte attenzione mediatica che seguì l’uscita del film. Quegli anni, e le loro conseguenze psicologiche, sono stati al centro del documentario The Most Beautiful Boy in the World (2021), che ha restituito la voce a un uomo ferito, consapevole di aver pagato un prezzo altissimo per un’immagine che non gli apparteneva più.

Nato a Stoccolma il 26 gennaio 1955, Andrésen aveva conosciuto il dolore sin da bambino, con la perdita della madre e la difficile ricerca di una stabilità familiare. Dopo il successo internazionale, tentò di costruirsi una carriera autonoma come attore e musicista, trovando particolare successo in Giappone, dove divenne una sorta di icona pop. Negli anni successivi continuò a lavorare nel cinema, sempre lontano dai riflettori, fino a comparire nel 2019 nel film Midsommar – Il villaggio dei dannati di Ari Aster, in un ruolo breve ma simbolico, che molti interpretarono come una riflessione sulla sua stessa fragilità.

Björn Andrésen lascia una figlia, Robine, nata dal matrimonio con la poetessa Susanna Roman. Le cause della morte non sono state rese note. Con lui scompare un volto che ha attraversato il tempo, capace di incarnare per un’intera generazione il confine sottile tra arte, innocenza e tragedia.

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