Sarà il silenzio austero del Monte Bianco a fare da cornice alle prime riprese di Bianco, il nuovo film di Daniele Vicari che rievoca uno degli episodi più drammatici della storia dell’alpinismo europeo. A partire da lunedì 15 settembre, Courmayeur ospiterà per dieci giorni la troupe della pellicola che ripercorre i tragici eventi del 1961 sul Pilone centrale del Freney, dove quattro alpinisti persero la vita durante un tentativo di scalata estremo.
Il progetto, rimasto fermo per oltre un decennio a causa di difficoltà produttive, prende finalmente forma grazie a una solida co-produzione internazionale firmata Be Water Film e Tarantula, con Rai Cinema, e sostenuta dal Ministero della Cultura, MEDIA, CNC e le Film Commission di Valle d’Aosta e Sudtirol.
La sceneggiatura, scritta a sei mani da Massimo Gaudioso, Francesca Manieri e Marco Ferrari, prende spunto dal libro Freney 1961 – Tragedia sul Monte Bianco di Marco Albino Ferrari (Salani Editore), un’opera di riferimento che ricostruisce con rigore e pathos l’epica impresa trasformata in tragedia. Al centro del racconto, la figura leggendaria di Walter Bonatti – uno dei tre superstiti della spedizione – il cui ruolo nel film è ancora avvolto nel riserbo, alimentando l’attesa attorno al nome dell’attore protagonista.
Molte sequenze saranno ambientate all’interno di studi cinematografici, dove scenografi e tecnici hanno ricreato con minuziosa accuratezza le condizioni estreme dell’alta quota: nevi perenni, pareti ghiacciate, tende strappate dal vento e volti segnati dal gelo. Ma saranno anche le riprese in esterna, tra i ghiacciai valdostani, a dare al film quella forza visiva che il regista ha scelto per restituire la crudezza e la bellezza di quella montagna “bianca” e inaccessibile.
L’impresa alpinistica del 1961 vide protagonisti due squadre, italiana e francese, unite nel tentativo di conquistare una delle pareti più difficili del massiccio del Monte Bianco: una verticale di oltre 750 metri sospesa tra ghiaccio, roccia e tempeste improvvise. Dopo cinque giorni di lotta contro le intemperie e la fame, solo in tre riuscirono a tornare vivi.
Con Bianco, Daniele Vicari firma un’opera che si preannuncia potente e viscerale, capace di intrecciare la dimensione epica dell’alpinismo con la tragedia umana. Un racconto di resistenza, fallimento e memoria che restituisce voce a chi ha vissuto – e non è sopravvissuto – a quell’inferno d’alta quota.
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